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CORONAVIRUS: perchè si parla di psicosi collettiva?

Ogni essere umano costruisce la propria realtà sulla base della sua percezione e di conseguenza re-agisce.

Quando siamo di fronte a una psicosi collettiva come quella che si sta verificando in questi giorni (in riferimento al contagio da coronavirus), la logica razionale subisce una sorta di corto circuito, e questo è strettamente collegato con la percezione del rischio e ciò può scatenare, diversi tipi di reazioni. Questo viene alimentato dalle ripetute notizie diffuse via radio, tv, e quindi anche e soprattutto attraverso i social, siamo bombardati da queste continue informazioni.

Non significa però che i singoli individui soffrano di psicosi, non ha niente a che vedere con un disturbo superiore però a livello individuale il fenomeno collettivo può portare a sviluppare o ad amplificare, in chi ha già certi copioni di re-azione, alcuni tipi di disturbi correlati con la paura delle malattie, quali l’ipocondria, la patofobia o più in generale disturbi di tipo ansioso fino ad arrivare agli attacchi di panico.

Quando si parla di ipocondria si parla della convinzione di avere una o più malattie che portano a una prolungata e agoniata sofferenza fino alla morte. Quando si parla invece di patofobia, ci si riferisce alla paura di una singola malattia che però porta ad una morte improvvisa.

I disturbi di tipo ansioso, invece, possono essere caratterizzati da una costante angoscia che accompagna e appesantisce le giornate di chi ne soffre oppure avere dei picchi di ansia in certi momenti della giornata o addirittura avere reazioni di panico che travolgono e sconvolgono la persona.

Per fortuna la scienza ci dà i mezzi per uscire da certi meccanismi disfunzionali, infatti esistono protocolli e strategie che vanno a rompere gli schemi di numerose patologie, tra le quali anche quelle sopra menzionate.

Nel 2000 i risultati di una ricerca longitudinale della durata di 10 anni ha mostrato una netta superiorità di efficacia e di efficenza della Psicoterapia Breve Strategica rispetto agli altri modelli di terapia.



Dott.ssa Enrica Bonino


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